martedì 10 gennaio 2012

passioni

Per Charles Fourier (1772-1837) l'attrazione passionale è "la sola interprete conosciuta tra Dio e l'universo".


lunedì 9 gennaio 2012

Miss Dior

Non basta la tenuta sportiva e dimessa a nascondere la sua fiera "corazza". Le lamine d'acciaio che ricoprono la sua anima si vedono sul volto splendido e corrusco, memore di antichi popoli, che una vita difficile non è riuscita a cambiare. Lei si difende da una vita e la vita si difende da lei.

Non hai bisogno di difenderti, vorrei dirle. Ma le parole mi restano in gola: non so se capisce che in realtà voglio dirle: "non hai bisogno di difenderti da me". Vorrei parlarle al di là di quella corazza e con parole distensive cerco di blandirla, ma il risultato è una maldestra e impacciata preghiera che mi esce come un sussurro. Così piano che lei non sente. Ma forse non l'ho nemmeno sussurrata, quella preghiera. Ci vediamo, fa lei alla fine e accenna ad andare, mi aspettano, dice. Io riprovo a sussurrare qualcosa. Ma lei non sente. Si, lo so, la corazza la separa: sembra "insonorizzarla".

Ci vorrebbe un urlo, il grido di un drago, ma la voce mi rimane nella strozza. Non mi vedo nelle vesti del drago. E poi con l'urlo del drago, uscirebbero, insieme alle parole, le fiamme: potrei bruciarla.

Nell'incertezza, non faccio niente: né urlo, nè drago, né sussurro. Affranto e stanco, mi fermo a pensare in quale altro modo avrei potuto penetrare quella corazza per parlare veramente con lei.

La guardo mentre si allontana. Poi un refolo d'aria porta con sè delle strane particelle: un effluvio celestiale che mi entra nel naso. Primavera? Macché! Siamo in pieno inverno. Con fare interrogativo la chiamo e le dico se è lei il fiore di primavera che sento. E lei urlando mi fa: no, Dior!

Che stupido, come ho fatto a non capire? Altro che urla, altro che draghi per abbattere le difese. Le corazze d'acciaio non possono far nulla contro le particelle volatili di profumo che penetrano anche nei fori più piccoli.

Sì, la prossima volta salirò, come fosse un tappeto volante, su una di quelle particelle, oltrepasserò la corazza e, sono sicuro, finalmente riuscirò a parlare alla sua anima.

Ma se, dopo tanta fatica, alla fine la sua anima non vuol parlare con me? Jean Baptiste Grenouille, aiutami tu!

domenica 8 gennaio 2012

Epistemofilìa

Sono affetto da cronicismi vari ma anche da una malattia strana. Amo i libri che parlano di libri, le recensioni e ogni altra forma di scrittura meta-libraria (sulla carta stampata o sul web arrivo alla perversione di preferire spesso il meta-testo, in qualunque forma, al testo di cui tratta).

Non c'entra il senso di potenza della potenza di fuoco del critico o il gusto che dà il crivello analitico e confutatorio del polemista. E' che il mio "progetto interpretativo", la mia "pre-comprensione" (ermeneutica) di un autore o di un problema, dipendono dall'"epistemo-filia" (godimento/benessere che provo grazie alla conoscenza/cognizione di qualcosa) da cui sono affetto e con cui mi avvicino a tutti i libri. Non che non ci sia epistmofilia nella comprensione che avviene generalmente leggendo un libro tout court, ma il tasso di questa affezione, il vero godimento, è maggiore se la lettura è meta-lettura.

Non so quando sia nata questa malattia o quando ne sono diventato consapevole. Ma di certo mi sembra da tempo meno libro il libro che non avvicino per "sentito dire" o perché su quello ha scritto qualcuno da qualche parte.

Una "funzione seconda" della mia lettura che, lo ammetto, sembra indicare il cerebralismo della posizione di chi trasforma l'oggetto reale nell'oggetto del soggetto che vede l'oggetto.

sabato 7 gennaio 2012

Brivido, Volo, Estasi

Se dovessi costruire un sistema filosofico alla vecchia maniera - nel senso di prima della "Fine della modernità" (1985) di Vattimo - inizierei da queste tre parole topiche: Brivido, Volo, Estasi.

Il Brivido, sarebbe il mio principio gnoseologico: conoscere, stupirsi, la storia della filosofia come stupore (il ϑaumάzein).

Il Volo
, sarebbe la parola-simbolo per il principio etico: a rappresentare il sentimento dell'equilibrio sospeso ma che guarda dall'alto delle cose, dell'ordine galleggiante (φρόνησις).

L'Estasi
, starebbe per il principio estetico: spinta dionisiaca, gioco, posta su cui puntare, principio della cosa ultima per cui vale la pena vivere, stato alterato di coscienza, rapimento, piacere dell'anima (ἔκ-στασις).

Ma il moderno c'è stato e il post-moderno si è portato via tutte le "grandi narrazioni" e le filosofie fondamentaliste (fondazionaliste) e autoritarie, compresa la mia, prima ancora che potesse nascere.

venerdì 6 gennaio 2012

basta senza fine

E' un attimo, non devi sprecarlo. Per dedurne l'infinito geometrico e confutare chi non sa. Così il miracolo si compie, sebbene solo per poco tempo. Soggetto e oggetto non sono tutt'uno: semplicemente non sono. Mai, più gioia piena; mai, più viatico e commozione; mai, più suprema delizione.

"Dirocca i fortilizi" e lascia stremati, soli, senza mura e difese. Il libero gioco dell'intelletto con l'immaginazione, di cui parla Kant, al di là del limite sublime.

Qualcosa che non hai bisogno di tenere, afferrare, conservare, ma solo di lasciare che sia. Qualcosa che basta senza fine.

giovedì 5 gennaio 2012

belle redenzioni

La bellezza redime, sempre.

Checché ne dicano i critici di Dostoewskij. Chi può negare il fulgore degli occhi, la piccola estasi dei sensi e l'incendio incoattivo che prende chi vede una cosa bella? Piccola o grande che sia, risplende e determina un insight cognitivo prima ancora che percettivo.

Ascolto, vedo, tocco, gusto, percepisco propriocettivamente, ne sento l'odore. Poi leggo mai più bella frase fu detta e conchiusa in sè:

L'assoluto è risultato. Il circolo che ha al proprio inizio la propria fine come proprio fine e solo alla fine diventa ciò che realmente è (Hegel)

Qui si dimostra che la bellezza è uno stato incondizionato della mente, prima ancora che essere sensazione. Semmai il problema è il riscatto dell'inferno che segue. E' il brutto della "vita offesa" che è irredimibile.


mercoledì 4 gennaio 2012

la tosse di Hopper

Ti collassa la mente, concentrata e pure in dimenio. Non è insorgenza, non un ascendere, nè uno sprofondare, ma focalizzazione. Non sguardo interiore, ma puro dolore nella "strozza". E' come se i tessuti e i muscoli si disserrassero liberi e sfrenati, il sangue li inondasse per esplodere insieme a loro.

L'aria ti manca: e' un rantolo che non porta alla fine ma si avvolge iterativamente in se stesso. Graffia la laringe, la spreme come uno straccio bagnato, ti serra la gola. Non si vede l'inferno ma è come un bruciare lacerante, un sentire struggente. Il colore che vedi non è quello degli impressionisti, ma quello di Hopper.

Un colpo di tosse è esistenza inconsumata, ti esonera interminabilmente dalla vita.

martedì 3 gennaio 2012

vuoto

Dall'eremo al cenobio. Dal cenobio al cenacolo. Per finire al convivio. Una solitudine con dio che è un vuoto a perdere.

lunedì 2 gennaio 2012

leggere L'Idiota

Se l'Idiota di Dostoevskij ha come tema centrale la purezza, sia nella forma spirituale del principe Myskin, sia in quella sensuale di Nastasja Filippovna, allora non sembra esserci luogo per entrambe le forme sulla terra, sembra dirci il romanzo.


La prima retrocede nella follia, dopo aver attraversato il mondo, apparentemente sempre ammirata ma in realtà negata; la seconda, si annulla nella morte che viene data, paradossalmente, da chi più di ogni altro la desidera con passione (Ragozin).

Fallimento terreno dunque della Bontà e della Bellezza? Ma la purezza di Dostoewskij vuol dire inconseguibilità assoluta oppure solo scacco immanente in funzione di un salto nel trascendente? Resterebbe solo il "mistico"?

Franco Cassano, nel suo L'umiltà del male (Laterza, 2011), non accenna all'Idiota nella originale reinterpetazione che fa della leggenda del Grande inquisitore (dentro I fratelli Karamazov). Ma sospetto che dietro la sua critica all'alterigia disinclusiva di una certa idea integralista e d'élite del Bene (da parte della Sinistra), ci sia anche la critica dell'idea di purezza dell'Idiota.

domenica 1 gennaio 2012

cessare d'essere

"La filosofia, quale solo potrebbe giustificarsi al cospetto della disperazione, è il tentativo di considerare tutte le cose come si presenterebbero dal punto di vista della redenzione".

L'affascinante soteriologia di Adorno alla fine dei Minima Moralia non sembra aiutarci, così come quella del Buddhismo, unici strumenti "di salvezza" del pensiero che mi pare valga la pena considerare.

Sospetto che abbia ragione Mainländer con la sua entropia nichilistica.  E mi convinco sempre di più che allora "Redimersi", "Salvarsi", "Liberarsi", potrebbero solo voler dire "far cessare l'essere".

Lui si suicidò non appena terminata la stampa del suo libro.