Dopo la verità enunciata da Sgalambro - il mondo senza l'uomo - la mia, guadagnata già da tempo, si autocomprime e limita come in una camicia di forza. Non riesce ad essere enunciata giacché di essa fa parte la totale inutilità del farlo.
discredere
il non più di quanto non sia, convocato a pensiero
lunedì 13 marzo 2023
sabato 4 febbraio 2023
Razza umana
La violenza crea caos e l'ordine crea violenza. Così Wolfgang Sofsky. C'è aforisma migliore di questo dilemma, a favore della buona estinzione? (Benatar e Lanterna docunt).
venerdì 27 novembre 2020
La parola del Buddha
E pensare in una fredda mattina che alla fine quello che conta è il senso che si conferisce all'essere, meglio, all''esserci. Saggezza prima di conoscenza, φρόνησις prima di νόησις. Perché rincorrere ossessivamente la seconda, non fa venir meno il compito di assolvere alla prima. Qui vince il pragmatismo della parabola della freccia del Buddha. Conviene condurre nel modo meno cruento possibile la vita: a che serve, direbbe il Buddha, conoscerne prima soggetto, natura e direzione?
domenica 15 novembre 2020
Nichilismo umanistico
"Nichilismo umanistico" l'unico ossimoro che sento meno di discredere. Quantunque l'aggettivo rechi traccia di una giovinezza ricca di ideali e ardori da cui sentirsi esonerati per stanchezza e sfinimento etico e vissuti come scorie irriducibili del vivere. Ci vedo più Cioran e il suo lucido disincanto metafisico, che l'illuminazione predicata dal Buddhismo zen, così come pure da Krishnamurti. La verità come "terra senza sentieri" di quest'ultimo è pur sempre una verità che presuppone l'impegno a votarsi ad una radicale revulsione dell'essere e il "mira e l'hai perso" del Buddhismo zen è pur sempre un ammonimento che "mira" ad "attaccarsi" al non attaccamento. Il nichilismo umanistico solo invece, prende atto che due sono le cose per chi discrede ed è dotato di lucidità: o ci si toglie di mezzo e si chiude la partita o, se si rimane nel gioco della vita, tanto vale "attaccarsi" ai soli valori che ci son dati dall'orizzonte nel quale siamo stati "gettati" venendo al mondo. L'ultimo incantamento è quello dell'epicureo piacere catastematico proposto da Godani (Il piacere che manca, 2019). Ovvero quello consustanziale al mero fatto di vivere - certo meno sfiancante della ricerca di una qualsivoglia verità o valore. Spinge a spezzare la catena alla macchina produttiva capitalistica che in questa società tardo moderna fa del desiderio il suo eterno motore. Forse una variante del mio nichilismo umanistico.
sabato 14 novembre 2020
Coalescenza
Carestie, pandemie, guerre. Queste le dimensioni della Storia dell'uomo che segnano e spiegano la sua evoluzione, secondo lo storico. Parte però dalla fine del processo. Dimentica infatti la croce della finitudine individuale sulla quale ogni uomo sanguina inchiodato dai correlati elementi di difettività e dolore che, come goccioline coalescenti nel liquido della vita si fondono per costituire le prime.
sabato 23 maggio 2020
Ebrezza impermanente
giovedì 7 maggio 2020
Biofilosofia
domenica 3 maggio 2020
Andare illimite
venerdì 1 maggio 2020
Invece sei morto
mercoledì 29 aprile 2020
L'attimo che viene
lunedì 27 aprile 2020
Un grumo di nichilismo
lunedì 16 marzo 2020
Virus sessuofobo
sabato 31 maggio 2014
Non pensare, danza!
lunedì 24 febbraio 2014
Lucidità
mercoledì 14 agosto 2013
Tutto è niente
domenica 16 giugno 2013
Non esiste salvezza
- In ultima istanza, nel mondo c'è solo impermanenza.
- L'impermanenza è la causa ultima di ogni dolore.
- L'uomo è infatti attaccamento di ciò che è impermanente che, come tale nella sua essenza, non può rappresentare alcun fondamento stabile (scienza, filosofia, religione, diritto, società).
- La dottrina che ha dato la risposta più radicale a questa condizione dell'uomo, è il Buddhismo.
- La salvezza dal dolore (Dukkha) causato dall'attaccamento, per il Buddhismo, consiste nella pratica del distacco (non-attaccamento), che spezzerebbe la catena ininterrotta e ricorsiva del desiderio, volto visibile dell'attaccamento.
- Ma l'uomo resta essenzialmente attaccamento, anche nella pratica del distacco.
- (1) Perché il distacco è comunque forma suprema di attaccamento o, in altre parole, è impossibile non desiderare di desiderare di non desiderare.
- (2) Perché se c'è salvezza (come il Buddhismo predica), non c'è pratica di salvezza e se c'è pratica di salvezza non c'è salvezza.
- Così, la catena del desiderio non si spezza.
- Quindi, se la catena del desiderio non si spezza, nemmeno con la pratica del distacco, non esiste salvezza dal dolore (Nirvana) che il Buddhismo storico predica.
domenica 13 gennaio 2013
Il senso che conta
Leggo Houellebecq, Céline, Malaparte e mi accorgo di mettere alla prova i miei cromosomi di sinistra. Ma poi, qualunque sia il risultato, questo conta? No, la ricerca del senso, dovunque esso sia, chiunque me lo mostri, conta.
venerdì 2 marzo 2012
la musica più bella
Sorseggio il cappuccino di fronte all'ampia e luminosa vetrata del bar e penso al mio di sogno a cui da una vita cerco di corrispondere vanamente e che quasi vedo galleggiare sulla schiuma del cappuccino: comporre i miei pensieri filosofici, la "mia opera", "la mia filosofia". Mi chiedo tuttavia se gran parte o tutta la pesantezza esistenziale di questa incapacità che mi porto appresso, non sia dipesa dal fraintendimento, dal non aver adempiuto nell'altro più comune senso, come fa Socrate alla fine dei suoi giorni. Dovevo forse attenenermi al senso letterale del sogno e invece di attardarmi nello sforzo inconcludente di ricerca della "conoscenza dell'unica e sempre uguale natura di tutto ciò che esiste", comporre i carmi e la musica della vita, piuttosto che "pensarla" filosoficamente, forse.
L'altro libro, con cui m'illumino e solidarizzo, mi scivola dalle mani al bar aiutandomi a capire. Nella prefazione a "Filosofia=errore di esistenza" (a c. di B. Giacomini, Il Melangolo 2011) leggo che Ludovico Gasparini (1940-2008), "esperimenta la possibiltà di un pensiero [...] capace di essere nient'altro che vibrazione sonora di un corpo". Mi chiedo se non era proprio questo quello che Socrate diceva essere "la musica più bella".
Finisco il cappuccino e capisco che questo è l'unico modo di adempiere al sogno nel doppio senso: la vibrazione sonora del mio corpo (vita) proteso al senso ultimo delle cose (pensiero) e, nonostante il rumore assordante della radio del bar, su tutto la "musica più bella".
Quello che è lo stile per Gasparini: "non si tratta di definire i concetti, ma di esporli: di farli suonare e cantare".
mercoledì 29 febbraio 2012
teatri
Nel teatro "retinico" della mente, protagonista principale è invece il Pensiero.
Entrambi, diversamente da come sostiene il filosofo olandese, mi sembrano tuttavia i punti incoativi l'uno dell'altro. Certo risulta che in entrambi i palcoscenici, la Verità è una comparsa.
domenica 12 febbraio 2012
noi, dio
Leggo di un libro dedicato al pensiero di Spinoza - grande filosofo "ateo ebbro di Dio", "masso erratico della filosofia", come è stato variamente definito - che parte da un passo contenuto nello Scolio della proposizine XLIX dell'Ethica: "nos ex solo Dei nutu agere" ("noi agiamo per solo volere di Dio" - trad. di R Cantoni e M. Brunelli, Torino, 1972, p. 185).
Un'insolita itnerpretazione ad opera di Alfonso Cariolato che scrive il libro in francese: "Le geste de Dieu" con il contributo contrappuntistico (note e commenti successivi al testo dell'autore) di Jean-Luc Nancy.
Non mi interessa qui l'interpretazione di Spinoza, ma il fatto che Cariolato abbia assunto quella frase, e solo quella, cone asse portante, punto d'appoggio archimedèo, della sua teoria-interpetazione. In essa è come se avesse visto un punto di vista privilegiato da cui guardare all'essenza del pensiero del filosofo olandese e la cosa mi intriga alquanto. Perché?
La risposta è nella frase stessa di Spinoza: nos ex solo Dei nutu agere.
sabato 4 febbraio 2012
Montagne
domenica 22 gennaio 2012
In macchina
Specchio retrovisore -
torna la pace.
Sposto i mobili
agghiacciano il cuore.
Poco alla volta.
Che strano!
Imbrunire d'inverno -
l'aria è dolce.
Solo
Ferite che restano.
Volo da solo.
Finalmente sto meglio
Crepuscolo romano -
la tosse non c'è
martedì 10 gennaio 2012
passioni
lunedì 9 gennaio 2012
Miss Dior
Ci vorrebbe un urlo, il grido di un drago, ma la voce mi rimane nella strozza. Non mi vedo nelle vesti del drago. E poi con l'urlo del drago, uscirebbero, insieme alle parole, le fiamme: potrei bruciarla.
Nell'incertezza, non faccio niente: né urlo, nè drago, né sussurro. Affranto e stanco, mi fermo a pensare in quale altro modo avrei potuto penetrare quella corazza per parlare veramente con lei.
La guardo mentre si allontana. Poi un refolo d'aria porta con sè delle strane particelle: un effluvio celestiale che mi entra nel naso. Primavera? Macché! Siamo in pieno inverno. Con fare interrogativo la chiamo e le dico se è lei il fiore di primavera che sento. E lei urlando mi fa: no, Dior!
Che stupido, come ho fatto a non capire? Altro che urla, altro che draghi per abbattere le difese. Le corazze d'acciaio non possono far nulla contro le particelle volatili di profumo che penetrano anche nei fori più piccoli.
Sì, la prossima volta salirò, come fosse un tappeto volante, su una di quelle particelle, oltrepasserò la corazza e, sono sicuro, finalmente riuscirò a parlare alla sua anima.
Ma se, dopo tanta fatica, alla fine la sua anima non vuol parlare con me? Jean Baptiste Grenouille, aiutami tu!
domenica 8 gennaio 2012
Epistemofilìa
Non c'entra il senso di potenza della potenza di fuoco del critico o il gusto che dà il crivello analitico e confutatorio del polemista. E' che il mio "progetto interpretativo", la mia "pre-comprensione" (ermeneutica) di un autore o di un problema, dipendono dall'"epistemo-filia" (godimento/benessere che provo grazie alla conoscenza/cognizione di qualcosa) da cui sono affetto e con cui mi avvicino a tutti i libri. Non che non ci sia epistmofilia nella comprensione che avviene generalmente leggendo un libro tout court, ma il tasso di questa affezione, il vero godimento, è maggiore se la lettura è meta-lettura.
Non so quando sia nata questa malattia o quando ne sono diventato consapevole. Ma di certo mi sembra da tempo meno libro il libro che non avvicino per "sentito dire" o perché su quello ha scritto qualcuno da qualche parte.
Una "funzione seconda" della mia lettura che, lo ammetto, sembra indicare il cerebralismo della posizione di chi trasforma l'oggetto reale nell'oggetto del soggetto che vede l'oggetto.
sabato 7 gennaio 2012
Brivido, Volo, Estasi
Il Brivido, sarebbe il mio principio gnoseologico: conoscere, stupirsi, la storia della filosofia come stupore (il ϑaumάzein).
Il Volo, sarebbe la parola-simbolo per il principio etico: a rappresentare il sentimento dell'equilibrio sospeso ma che guarda dall'alto delle cose, dell'ordine galleggiante (φρόνησις).
L'Estasi, starebbe per il principio estetico: spinta dionisiaca, gioco, posta su cui puntare, principio della cosa ultima per cui vale la pena vivere, stato alterato di coscienza, rapimento, piacere dell'anima (ἔκ-στασις).
Ma il moderno c'è stato e il post-moderno si è portato via tutte le "grandi narrazioni" e le filosofie fondamentaliste (fondazionaliste) e autoritarie, compresa la mia, prima ancora che potesse nascere.
venerdì 6 gennaio 2012
basta senza fine
"Dirocca i fortilizi" e lascia stremati, soli, senza mura e difese. Il libero gioco dell'intelletto con l'immaginazione, di cui parla Kant, al di là del limite sublime.
Qualcosa che non hai bisogno di tenere, afferrare, conservare, ma solo di lasciare che sia. Qualcosa che basta senza fine.
giovedì 5 gennaio 2012
belle redenzioni
Checché ne dicano i critici di Dostoewskij. Chi può negare il fulgore degli occhi, la piccola estasi dei sensi e l'incendio incoattivo che prende chi vede una cosa bella? Piccola o grande che sia, risplende e determina un insight cognitivo prima ancora che percettivo.
Ascolto, vedo, tocco, gusto, percepisco propriocettivamente, ne sento l'odore. Poi leggo mai più bella frase fu detta e conchiusa in sè:
L'assoluto è risultato. Il circolo che ha al proprio inizio la propria fine come proprio fine e solo alla fine diventa ciò che realmente è (Hegel)
Qui si dimostra che la bellezza è uno stato incondizionato della mente, prima ancora che essere sensazione. Semmai il problema è il riscatto dell'inferno che segue. E' il brutto della "vita offesa" che è irredimibile.
mercoledì 4 gennaio 2012
la tosse di Hopper
L'aria ti manca: e' un rantolo che non porta alla fine ma si avvolge iterativamente in se stesso. Graffia la laringe, la spreme come uno straccio bagnato, ti serra la gola. Non si vede l'inferno ma è come un bruciare lacerante, un sentire struggente. Il colore che vedi non è quello degli impressionisti, ma quello di Hopper.
Un colpo di tosse è esistenza inconsumata, ti esonera interminabilmente dalla vita.
martedì 3 gennaio 2012
vuoto
lunedì 2 gennaio 2012
leggere L'Idiota
La prima retrocede nella follia, dopo aver attraversato il mondo, apparentemente sempre ammirata ma in realtà negata; la seconda, si annulla nella morte che viene data, paradossalmente, da chi più di ogni altro la desidera con passione (Ragozin).
Fallimento terreno dunque della Bontà e della Bellezza? Ma la purezza di Dostoewskij vuol dire inconseguibilità assoluta oppure solo scacco immanente in funzione di un salto nel trascendente? Resterebbe solo il "mistico"?
Franco Cassano, nel suo L'umiltà del male (Laterza, 2011), non accenna all'Idiota nella originale reinterpetazione che fa della leggenda del Grande inquisitore (dentro I fratelli Karamazov). Ma sospetto che dietro la sua critica all'alterigia disinclusiva di una certa idea integralista e d'élite del Bene (da parte della Sinistra), ci sia anche la critica dell'idea di purezza dell'Idiota.
domenica 1 gennaio 2012
cessare d'essere
Sospetto che abbia ragione Mainländer con la sua entropia nichilistica. E mi convinco sempre di più che allora "Redimersi", "Salvarsi", "Liberarsi", potrebbero solo voler dire "far cessare l'essere".
Lui si suicidò non appena terminata la stampa del suo libro.
sabato 31 dicembre 2011
domenica 25 dicembre 2011
essere tosse
Come la coscienza, per giunta "lucida" possa emergere da questi fili sensibili che mi tengono in ostaggio con un vellicamento compulsivo fino all'ipocondria mentre parlo o respiro, è per me un enigma. Perciò io dico che esistono davvero due razze d'uomini: i sani e i malati affetti da cronicismi (vedi qui post dell'11/12/07).
Ma se ai primi è preclusa la coscienza e ai secondi non è detto che sia data la lucidità, a me di certo è data una desocializzazione ossessiva, un silenzio coatto, una disabilità vocale che mina nel profondo più il mio essere che la mia comunicazione. Se è vero che "il linguaggio è la casa dell'essere".
giovedì 22 dicembre 2011
tener fermo un punto
mercoledì 21 dicembre 2011
leggere
venerdì 16 settembre 2011
s-guardo
Hans Holbein, Cristo nella tomba, 1521 |
domenica 21 agosto 2011
ombelichi
lunedì 15 agosto 2011
Heidegger e l'usabilità
martedì 1 marzo 2011
contagio cognitivo
La cosa straordinaria mi pare non sia solo la moltiplicazione ma anche la proliferazione, ovvero la possibile e imprevedibile combinazione/concatenazione della nuova idea nell’enciclopedia del sapere di ognuno. Si tratta, a pensarci bene, di una sorta di “magia dello scambio” (non di mercato..) che genera valore “intangibile”. Il bello - ci pensate? - è che questa cosa può avvenire tanto in una dotta conferenza quanto in una “chiacchiera”, tanto in una lezione universitaria quanto in un convegno, durante l'omelia di una messa come in un pettegolezzo di corridoio. Sempre e comunque dove le persone dialogano, argomentano, discutono, si riuniscono, si informano, si coordinano, si organizzano. Insomma in qualunque forma alta o bassa di scambio linguistico.
(Questa idea di sviluppo del capitale cognitivo credo sfugga alla giusta critica che Amartya Sen porta a quella di "capitale umano" nell'intervista che ha rilasciato al Forum-PA 2010, dove accenna al bel concetto di "fiorire" dell'uomo).
Lo scambio avviene in modo strutturato e sistematico nella formazione. Quante inusitate proliferazioni nelle enciclopedie dei saperi degli allievi nelle aule e nei corsi? Sono state mai contate? Se ne conosce il valore reale? Voglio dire che è questa semplice magia cognitiva generata a volte anche da una sola parola, che è sempre al centro di qualunque interazione umana, ma che tuttavia non consideriamo mai abbastanza nella sua funzione di fattore che, dopo aver agito inconsapevolmente in noi, favorisce scelte, decisioni e corsi d'azione. Anzi, sciaguratamente, spesso la ignoriamo, quando finanche non la disprezziamo.
Massimamente, come dicevo, nelle aule delle scuole dove “untori” professionali invece favoriscono ogni giorno l’invisibile contagio, diffondendo in modo epidemico e virale idee, schemi e concetti, senza che nessuno, nonostante moduli di feedback, follow up e studi sulle “ricadute” formative possa considerarne davvero fino in fondo gli effetti che si generano, si scatenano, proliferano, nelle menti delle persone.
Scusate, ma a me il fenomeno sembra davvero una sorta di trasformazione alchemica di idee. La cosa mi colpisce a tal punto che se un giorno doveste vedermi crucciato esitare a camminare, sappiate che sto pensando a questa alchimia: “Questo sol m’arde e questo m’innamora”.
Il fatto è che quando intorno a me ogni giorno vedo ragazzi partecipanti alle lezioni delle scuole che escono dalle aule, che discutono di orari e calendari, docenti che progettano la didattica, mi chiedo sempre: saranno consapevoli della magia? Uhm, si direbbe di no, osservando le loro facce volitive o depresse, talvolta sperse e protese verso un’inconsumata voglia di Altrove.
Ne sono segno evidente anche le frasi blasfeme… che spesso pronunciano, del tipo: sono solo chiacchiere, è tutta teoria, tutte ste’ lezioni e discorsi che non servono a niente! E’ in questi casi allora che vorrei gridare forte a tutti l’aneddoto dell’economia della conoscenza e far notare che è impossibile che noi umani si perda mai tempo quando ci intratteniamo con qualunque forma di parola e di linguaggio sociale.
Sì, credetemi, vorrei predicare a ognuno come uno Zarathustra che scende dalla montagna:
“Ma ditemi, fratelli miei, cosa può fare un’azione che non sappia fare anche una parola? A tal punto siete ciechi da non vedere questo Grande Meriggio della Parola? Or dunque, fratelli, non vedete che ci vuole una vita per cambiare un’idea, ma basta un’idea per cambiare una vita?”.
venerdì 21 maggio 2010
prendersi alla giugulare
giovedì 25 marzo 2010
sulla mia lapide
domenica 7 marzo 2010
22.
21.
sabato 16 gennaio 2010
20.
venerdì 28 agosto 2009
18.
lunedì 24 agosto 2009
17.
16.
15.
14.
lunedì 17 agosto 2009
13.
12.
11.
7.
6.
venerdì 10 aprile 2009
5.
4.
3.
2.
martedì 17 febbraio 2009
inessenza
Il grumo d'inessenza che mi si para davanti alla fine della riunione, è quello stesso che vedo quando esco dal lavoro. Apodittico quanto l'idea del lavoro di Baudrillard: "Morire alla vita ogni giorno vendendo la propria forza-lavoro. La contropartita di questa morte, la chiamano salario". Il grumo che vedo è una sorta di minaccia che si dichara sul selciato. Vuole smembrarmi, mi accompagna e promette esiti inquietanti. A nulla vale convincersi che quel grumo sono io, pronto a scomparire al prossimo pensiero. Me ne resto aggrovigliato-abbarbicato nel mio intrico di fili, tanto invisibili quanto insostanziali. Chiedendomi: si può combattere un'inessenza?
domenica 20 aprile 2008
riprendo a scrivere con fatica
E' nella mia scrittura tutta la fatica di vivere. Le parole finiscono con l'inchiostro, poi ci siamo noi che viviamo.
giovedì 17 gennaio 2008
vendetta
Non doveva stuzzicarle e provocarle ogni santa mattina. Così, per vendicarsi, gli inondarono la bocca di sangue fin quasi a soffocarlo. Mentre lui sporgeva il collo dallo specchio, lo guardavano beffarde, le sue gengive irritate.
cercare
Un illuminato non cerca. Se cerca, perde. Anche se non cerca, perde. Così come se né cerca, né non cerca. Un illuminato allora che fa? Molla la presa. Ma senza afferrare.
giovedì 10 gennaio 2008
la strada di cormac
Riporto di sotto i due commenti postati il 31 dicembre 2007, dopo aver letto la recensione di Marco Rovelli su nazione indiana de La strada di Cormac McCarthy, Einaudi, 2007.
Proprio perché non consente interpretazioni univoche, il libro di McCarthy è un capolavoro. Anche ermeuticamente perfetto, oltre che narrativamente riuscito, direi. Un vero libro-buca in cui cadiamo dentro, magari per caso, come è capitato a me (veramente dopo aver letto la recensione di Rovelli). Asciutto non meno che ispirato, essenziale quanto profondo, astratto e materiale. Proprio come un pensiero filosofico alto, cerebrale e viscerale. Se lo vuoi cogliere, non sfuggi agli ossimori. Appunto, imprendibile, come un vero capolavoro.
venerdì 4 gennaio 2008
al chi dell'essere
Fedeli al cosa e al come. Problemi con il quando. Ma l'essere continua e il pensiero che discrede nasce dopo. Fino all'inizio del chi muore.
lunedì 31 dicembre 2007
acufene
Il punto è che il rumore - sibilo o sonorità di fondo, vibrazione bassa o acuta che sia -, che si sente quando si soffre di acufene, non proviene "dall'esterno" ma "dall'interno" del cervello. E' come se qualcosa nel sistema nervoso centrale sfuggisse al controllo e qualche neurone si mettesse a funzionare per conto suo invece di aspettare gli stimoli esterni.
Quel rumore è causato dalla prorpia interiorità e a nulla serve tapparsi le orecchie, come si fa quando ci si vuole proteggere da un rumore troppo acuto. Siamo noi, è il nostro cervello che produce il suono acuto. Simbolicamente, è come la perdita di una incontaminazione primaria della mente, una innocenza acustica che non c'è più. E' in questa perdita di una libertà di base, di una possibiliità, come un pittore che non disponesse più di un colore, che ci si sente.
La sottile sofferenza dell'acufene sta nel dover sentire per aggiunzione (di suoni che si sovrappongono ad altri suoni ed eliminano quelli non scelti) più che per sottrazione (di quelli indesiderati, in favore di quelli che si vuole sentire).
venerdì 28 dicembre 2007
derive
Uscire dal lavoro e aspettare l'autobus un'ora, al gelo del marciapiede. Stare lì e chiedersi perché - oltre l'automatica rabbia per il disastro romano dei servizi pubblici - questo sentimento s-collima col pensare inteso come discredere. Sa troppo di stereotipo, di prevedibile. Lambisce la confortevolezza dell'esistere, la sua amministrazione, non entra nel merito ultimo (o primo) dell'essere delle cose. Come lamentarsi dei pomelli d'ottone non lucidati di una nave alla deriva. La "deriva" del nostro esistere, rispetto al poca cosa della deriva del nostro tragitto per tornare a casa, mi dico. E prendo l'autobus tutto infreddolito, con sguardo basso, senza protestare con il conducente.
venerdì 21 dicembre 2007
giovedì 20 dicembre 2007
contemplare, masticare
Non sono io che cerco di capire il significato della formula barocca “impressionare, convincere, persuadere” affidato alle forme, ai marmi e agli affreschi della basilica. Sono loro che mi accolgono e mi invadono quando entro.
Mi siedo per osservare l’abside. La teatralità dei dipinti di Mattia Preti sul martirio di S. Andrea, non sembra disturbata dal disordine provocato dal brusìo e dai flash dei turisti.
Mi godo e mi abbandono allo spettacolo non toccato dal pensiero che l’hanno allestito artisti al soldo di qualche Papa o Cardinale controriformista. La Gloria del Paradiso del Domenichino sulla volta della cupola mi assorbe incantato con la testa all’in su, in un giro su me stesso che mi fa quasi barcollare.
Fuori, nella piazza adiacente, sento il clamore di una manifestazione che si svolge contro il carovita. Dentro, dentro di me, il dipinto celestiale. Fuori, le rivendicazioni contrattuali. Dentro, lo spazio extra ordinem di una celebrazione. Mi faccio prendere dall’emozione e metto da parte il panino che stavo mangiando. La masticazione disturba la contemplazione.