Leggo in un testo efilista che "La vita si è evoluta per torturare ed essere torturata... Siamo nati per essere massacrati... Nessun essere senziente è immune in quanto il DNA ha messo in atto questo progetto di sterminio seriale per centinaia di milioni di anni su centinaia di miliardi di soggetti senzienti ed esseri viventi". La soluzione a questa totale crudele immoralità evolutiva sarebbe l'estinzione, il non essere di tutti gli esseri senzienti. L'appello militante ad agire per far cessare il dolore universale - a fronte di una umanità per ora di 7 miliardi di persone e chissà quanti milioni di miliardi di esseri animali - in verità sembra inane e pure pericoloso. Allora cosa contrapporre a questo criminale determinismo biologico? Riscoprire il substine et abstine stoico, le filosofie ellenistiche e i loro dettami di accettazione, atarassia, epochè? A pensarci bene il "clinamen", termine ripreso da Lucrezio dalla parenclisi (παρέγκλισις) di Epicuro nel De rerum natura, potrebbe essere un buon antidoto, se inteso come azione individuale antideterminista volta al contempo ad abbassare il quantum di sofferenza universale. Avrebbe in sé tutta l'aura arendtiana dell'azione come nuovo inizio, nuova natalità. Scelta soggettiva di andare contro il tritacarne evolutivo. Insomma: il decremento della crudele compressione dolorosa dell'esistenza con un qualunque innaturale gesto "controtendenza". Ferma restando l'azione a lungo termine dell'imperativo antiriproduttivo, un qualsiasi agire immediato, arbitrario e incongruo con le leggi evolutive della predazione e della competizione, ne sarebbe una istanza possibile. Sottrarsi al corpo a corpo e al colpo su colpo della darwiniana selezione naturale, deviando la traiettoria predeterminata degli "atomi-cromosomi", non per guadagnare un lontano paradiso, ma per dare senso di lotta e di contrasto alla carneficina del vivente. Contro il DNA, un clinamen libero, immediato, etico ed arbitrario.
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