martedì 11 dicembre 2007

alleggerito dall'astio

Più vado avanti e più vedo intorno a me solo due razze d'uomini. Quelli relativamente in salute. Quelli in mala-salute. Vedo via via biforcarsi e disporsi in bell'ordine, a partire da questa tassonomia duale, tutti i prodotti della cultura e della civiltà, le manifestazioni più esaltanti e le azioni più meschine del genere umano. Si potrà mai capire - mi chiedo - quanto salute e mala-salute possano condizionare il normale statuto dello spirito e della mente, nel senso materialistico della marxiana condizione che precede la coscienza? Con riguardo alla genesi, alla metamorfosi ed alla loro eventuale decomposizione, uno stato malfermo di salute mi sembra infatti fatale per una normale produzione di azioni o di idee. E proattivo di ogni condizione spirituale costipata, congestionata, nero-incupita. I cronicismi poi - misconosciuto stadio terminale di ogni comune malattia - mi appaiono come la dimensione assoluta di un nesso causale così nefasto. Di questa verità, rimugino una metafisica convinzione, partorita e cresciuta via via direttamente dentro le mucose dei miei setti nasali e tra i bacilli della faringe, prima che nelle categorie della mia mente. Faccio i conti ogni giorno, tra le pieghe di pur miti riflessioni, con ulcerose invettive contro medici e terapie, farmaci e ambulatori. Eppure dalla tassonomia delle due razze non credo di poter cavare enunciati di conoscenza migliori o diversi da quelli pronunciati da altri prima di me che si chiamavano Leopardi, Stirner o Cioran. Nondimeno, solo con la dualità delle razze - pensiero malato corrispondente a condizione malata - riesco a sentirmi meglio e meno sopraffatto dal peso della condizione "insana". Quando, per strada, imbacuccato e alla mercé di un vento livido e crudele, mi viene da tossire, penso alla salute degli altri. A loro, "razza superiore" di uomini produttivi e in buona salute, io ometto malaticcio ma alleggerito dall'astio.

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